Cecatielli: ricetta e origine della pasta tipica del Sannio
Ogni famiglia del Sannio ha preparato, almeno una volta, i cecatielli. Scopri con noi l'origine del piatto.
Angelo Petrone 24/09/2019 0
Una sagra antica, per un prodotto le cui origini affondano nella tradizione e nella storia del Sannio. Parliamo del cecatiello, una pasta fresca prodotta nella zona di Benevento e proposta al pubblico in una celebre sagra del comune di Paupisi. Ma come nascono i cecatielli?
La leggenda si intreccia con la storia quando si parla di cucina, soprattutto nell'entroterra del meridione. Nel beneventano, in particolare, si narra di una donna che, in collera contro il marito per i suoi continui tradimenti, avrebbe cominciato a maneggiare la pasta con tanta forza e precisione, come a voler accecare una persona. E sono gli antichi gesti, tramandati nei secoli, a rendere il cecatiello un piatto unico nel suo genere.
Come si preparano i cecatielli?
La ricetta dei cecatielli prende a piene mani dalle risorse del luogo. Il grano duro maturato al sole si sposa con la pura acqua di fonte delle campagne del Sannio. Il tutto veniva posto al Sole, prima per stenderlo, poi per asciugarlo.
La fase di asciugatura richiede una notevole abilità, con passaggi precisi, movimenti lenti ed articolati. Il risultato è una pasta dalla consistenza importante ed in grado di sposarsi con i più diversi contorni.
Oltre al classico abbinamento con il pomodoro, i cecatielli con i broccoli sono una delle prelibatezze della Campania interna. Vengono abbinati alla pancetta del luogo, aglio e peperoncino piccante. E tu? Conosci altre varianti dei cecatielli?
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Pizza di scarole: ingredienti, preparazione e ricetta tradizionale
E' uno dei dei piatti tipici del periodo autunnale, un ''rustico'' gustoso e ricorrente nella street food partenopeo. E' un tortino con l'interno di scarola cotta al forno con olive, capperi e uva passa; il tutto compone un ripieno ricoperto da un impasto di acqua e farina cotto al forno. Le varianti della pizza di scarole sono davvero tante, alcune con pinoli altre con le acciughe; in molti casi prevede l'utilizzo della pasta lievitata simile alla pizza, in altri di una pasta brisee o sfoglia. La pizza di scarole rappresenta, a Napoli, il contorno ideale o l'antipasto per il periodo natalizio; in ogni caso va consumata fredda, magari dopo alcuni giorni dopo la preparazione.
Gli ingredienti sono semplici, come da tradizione napoletana.
Per quattro persone
cinquecento grammi di farina 00
trecento gr di acqua tiepida
tre cucchiai di olio extravergine d'oliva
dodici grammi di lievito di birra fresco
sale
Il ripieno della pizza di scarole
settencento grammi di scarola
centocinquanta grammi di olive
un cucchiaio di capperi
due spicchi di aglio
due cucchiai di pinoli
trenta grammi di uvetta
cinque acciughe in filetti
peperoncino e olio extravergine d'oliva
Preparazione
L'impasto va fatto lievitare con il lievito di birra sciolto in acqua tiepida, dove dovrà riposare per circa dieci minuti. Il tutto va versato in una ciotola con acqua, lievito, sale, olio. Il composto viene impastato per circa dieci minuti. Il tutto va compattato in una sorta di pallina che deve essere coperta con un telo, fatta riposare per dieci minuti e coperta per circa due ore. Trascorso il tempo necessario per la lievitazione, il tutto va diviso in due parti per formare due palline. La scarola va lavata, tritata e scaldata con l'olio con i filetti di acciughe, l’uvetta, i pinoli, le olive e i capperi.
La tradizione napoletana prevede un ripieno semplice, basato su pochi ingredienti, ma come detto le modifiche possono essere tante. In ogni caso si tratta che rimane nell'ambito della semplicità tipica della tradizionale campana e contadina, quindi essenzialmente povera, ma soprattutto veloce da consumare. E voi, come preparate la pizza di scarola?
Ersilia Cacace 24/06/2020
Ragù Napoletano: storia, leggenda e preparazione
Il ragù napoletano è sicuramente il condimento più conosciuto della cucina napoletana; nonostante i lunghi tempi di preparazione, risulta uno dei piatti più frequentemente cucinati nelle case e nelle trattorie partenopee.
Il ragù napoletano risulta essere anche un piatto tipicamente festivo consistente nell'unione di carne di manzo tracchia di locena, cotta in salsa di pomodoro San Marzano, a fuoco molto lento.
Qual è l'origine del ragù? Secondo la leggenda, a Napoli alla fine del Trecento esisteva la Compagnia dei Bianchi di giustizia che percorreva la città a piedi invocando "misericordia e pace". La compagnia giunse presso il "Palazzo dell'Imperatore" tuttora esistente in via Tribunali, che fu dimora di Carlo, imperatore di Costantinopoli e di Maria di Valois figlia di re Carlo d'Angiò. All'epoca il palazzo era abitato da un signore scortese quanto crudele, a tal punto che tutti cercavano di evitare. La predicazione della Compagnia convinse la popolazione a rappacificarsi con i propri nemici, ma solo il nobile che risiedeva nel "Palazzo dell'Imperatore" decise di non accettare l'invito dei bianchi. Non cedette neanche quando il figliolo di tre mesi, in braccio alla balia sfilò le manine dalle fasce e incrociandole gridò tre volte: "Misericordia e pace". Il nobile era accecato dall'ira, serbava rancore e vendetta, e un giorno la sua compagna per ammorbidirlo gli preparò un piatto di maccheroni. La provvidenza riempì il piatto di una salsa piena di sangue. Finalmente, commosso dal prodigio, l'ostinato signore si riappacificò con i suoi nemici e vestì il bianco saio della Compagnia. Sua moglie, in seguito all'inaspettata decisione, preparò di nuovo i maccheroni, che anche quella volta, come per magia, divennero rossi. Quel misterioso condimento aveva un invitante profumo, molto intenso, e il signore nell'assaggiarlo trovò che era veramente buono e saporito. Lo chiamò così "raù" lo stesso nome del suo bambino.
In realtà il termine ragù deriva dal francese ragoût, che indica un tipo di cottura di carne e verdure, simile allo spezzatino. Bisogna inoltre ricordare che il pomodoro non arrivò in Europa prima della fine del XVI secolo.
Il ragù napoletano è decantato anche da Eduardo De Filippo in una sua poesia dal titolo, appunto: 'O rraù.
« 'O rraù ca me piace a me
m' 'o ffaceva sulo mammà.
A che m'aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun songo difficultuso;
ma luvàmmel' 'a miezo st'uso
Sì, va buono: comme vuò tu.
Mò ce avéssem' appiccecà?
Tu che dice? Chest'è rraù?
E io m' 'o mmagno pè m' 'o mangià...
M' 'a faje dicere 'na parola?...
Chesta è carne c' 'a pummarola»
(Eduardo, 'O rraù.)
Il ragù, come recita la poesia di Eduardo, non è la carne c' ‘a pummarola. Non è di facile realizzazione e inoltre per essere saporito come quello della mamma del de Filippo richiede una lunghissima cottura. Attualmente si usa chiamare ragù un sugo di pomodoro nel quale si è cotta della carne. Il ragù, come recita Eduardo, veniva cotto su di una fornacella a carbone e doveva cuocere per almeno sei ore. La pentola in cui si dovrebbe cuocere è un tegame di rame, e per rimestarlo occorre la cucchiarella (il cucchiaio di legno). Il ragù napoletano è il piatto tipico domenicale e base per altre pietanze altrettanto saporite, come ad esempio la tipica lasagna che a Napoli viene preparata con una grande quantità di ingredienti durante il periodo di Carnevale.
Qual è la ricetta? Ve la lasciamo di seguito!
INGREDIENTI
- 1 kg di Muscolo Di Manzo
- 2 cipolle medie
- 2 litri di passata di pomodoro
- 200 g di olio d'oliva
- 6 tracchiulelle (costine di maiale)
- 1/4 di litro di vino rosso preferibilmente di Gragnano
- basilico
- sale q.b.
RAGU' NAPOLETANO: PREPARAZIONE
È consigliabile prepararlo un giorno prima mettendo la carne nel tegame, unitamente alle cipolle affettate sottilmente e all'olio. Carne e cipolla dovranno rosolare insieme: la prima facendo la sua crosta scura, le seconde dovranno man mano appassire senza bruciare. Per ottenere questo risultato, bisogna rimanere attaccati ai fornelli, pronti a rimestare con la cucchiarella di legno, e irrorare con il vino, appena il sugo si sarà asciugato: le cipolle si dovranno consumare, fino quasi a dileguarsi. Quando la carne sarà diventata di un bel colore dorato, sciogliete il cucchiaio di conserva nel tegame e aggiungete la passata di pomodoro. Salate a piacere e mettete a cuocere a fuoco bassissimo: il ragù dovrà, come si dice a Napoli, "pippiare" o "pappuliare" e cioè dovrà sobbollire a malapena. A quel punto coprirete la pentola con un coperchio, ma senza chiuderlo del tutto. Il ragù dovrà cuocere per almeno tre ore, di tanto in tanto rimestatelo facendo attenzione che non si attacchi sul fondo della pentola.
In alcuni quartieri c'è la curiosa abitudine di aggiungere del cioccolato fondente al 70%, nella misura di 150 g su 5 litri, per correggere l'acidità dei pomodori.
Per la pasta, vi consigliamo di optare per i famosi ziti spezzati o comunque per delle tipologie di pasta corta.
Buon appetito!
Photocredit: Tandem ragù Napoli